Il punto di vista che la ruota panoramica offre è magnifico, ma non si va da nessuna parte. È un luogo un po’ romantico, anche bello, ma, in fin dei conti, abbastanza futile. (Woody Allen)
La grande ruota gira inesorabilmente ritornando sempre allo stesso punto. Una metafora che descrive bene le vite dei protagonisti del film Wonder Wheel di Woody Allen che riesce a trasportare brillantemente la drammaticità teatrale sul grande schermo. Una menzione particolare per la fotografia di Vittorio Storaro i cui registri cromatici, oltre ad essere belli esteticamente, sottolineano efficacemente gli stati d’animo ed i tratti psicologici dei personaggi in primo piano.
Ginny (Kate Winslet) è una eroina tragica, alienata e con una personalità complessa e disturbata. Condannata a rivivere il proprio senso di colpa per l’infedeltà verso il primo marito e verso Humpty (Jim Belushi), il secondo, un uomo devastato dal fallimento del precedente matrimonio. Una personalità molto fragile che rivivrà un nuovo fallimento coniugale e un nuovo distacco dalla figlia, Carolina (Juno Temple), una giovane ragazza ingenua abbagliata da false promesse amorose tanto da farsi trascinare in un abisso da cui non potrà più uscire. Il tutto viene raccontato da Michey (Justin Timberlake), un aspirante drammaturgo, attento osservatore, che non riesce a mantenere il giusto distacco dalla propria narrazione tanto da esserne risucchiato all’interno.
Alla fine del film è lecito domandarsi se sono i nostri comportamenti a metterci sempre nelle stesse situazioni oppure se, al contrario, la direzione delle nostre vite sia predestinata ad un eterno ritorno. Qui la ruota — moderno Uroboro — simbolizza un movimento continuo il cui unico scopo, paradossalmente, è quello di tornare al punto di partenza.